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Indubstry, una storia musicale che ha radici profonde nella musica underground e rami che si arrivano sui palchi più importanti italiani ed esteri. Una storia raccontata anche nel loro ultimo singolo “Già so” recensito recentemente anche da Zion Street.

Li abbiamo contattati via email, per fargli qualche domanda e per farci entrare il più possibile nel loro mondo musicale.

 
 

Indubstry, nati nel 2010. A 10 anni dalla vostra nascita pubblicate questa traccia, davvero interessante, intitolata “Già so”. Mi pare che dietro alla liriche ci sia un concept. Volete raccontarcelo?

 

Il concept di fondo è la dualità, (risponde Filippo, voce e autore dei testi) che è in apparenza la base formante della nostra realtà interna ed esterna. La nostra mente tende a categorizzare in giusto o sbagliato, bello o brutto, buono o cattivo, ecc. Questa è una attribuzione di significato che tende ad essere assolutista e generalizzante, oltre che escludente. Io credo che la realtà non sia duale, che lo sia solo apparentemente, in maniera olografica. Sia una mera proiezione, una rappresentazione di ciò che ci accade dentro. Così basta cambiare punto di vista per ampliare la gamma di sfumature, aprendo nuovi orizzonti di giudizio, più includenti. La realtà è un continuum unitario, che noi in maniera indotta tendiamo a dividere, a parcellizzare, cosa che serve ai poteri, di tutti i tipi, per poter esercitare la propria autorità. Il classico “divide et impera”. Nel testo, scritto in dialetto, questa riflessione intima è rappresentata da molte metafore e allegorie, prima tra tutte quella che veicola il ritornello, sul cuore e la mente. Anche le due strofe rappresentano  due opposti, due piani emozionali in antitesi tra loro. È un testo ermetico, e dunque molto proiettivo, che permette all’ascoltatore di leggervi quello che più si avvicina alla sua personale esperienza.

 

Una storia la vostra con tanti palchi, club e festival importanti. 10 anni dopo la vostra nascita come vi vedete nel prossimo futuro?

 

Abbiamo girato davvero tanto in questi dieci anni e abbiamo varcato anche i confini nazionali, suonando al Rototom in Spagna nel 2015 e varie volte a Malta. La strada fatta è molta ed è stata in salita, ora a distanza di 10 anni l’esperienza accumulata, sia in giro per i live che in studio, ci serve come bagaglio di conoscenze per affrontare il proseguo del viaggio, con qualche anno in più e l’entusiasmo di sempre. Naturalmente in un viaggio lungo capitano imprevisti e confronti, ma fanno parte dell’esperienza. Gli equilibri nei gruppi sono naturalmente molto delicati, e capitano momenti più stressanti. In questi 10 anni abbiamo imparato a gestire anche i conflitti. Quello che succederà nel futuro sarà, come sempre, il raccolto di ciò che seminiamo ora.

 

Come affrontate la scrittura di un brano? Raccontateci come create una vostra traccia.

 

La “ricetta” per la stesura di un brano non è unica. A volte capita che si crei un brano in studio prendendo spunto da una improvvisazione che viene poi sviluppata, a volte qualcuno di noi propone una sua idea più o meno definita,come una base digitale, o un testo con la linea melodica del cantato. La fase di arrangiamento poi è più collettiva, ed avviene in sala prove. In questa fase ogni strumento trova lo spazio giusto, armonizzandosi con gli altri per creare un giusto equilibrio. È un lavoro certosino, che a volte può durare poche settimane e a volte molto di più.

Avete collaborato con dei grandissimi della musica in levare come Madaski, Umberto Echo, Zulù solo per citarne alcuni. Com’è lavorare affianco a persone come queste?

 

Lavorare con professionisti del genere è un piacere e un grande onore. La cosa più importante è la possibilità di imparare i trucchi del mestiere, di conoscere qualche aneddoto o racconto edificante a livello artistico e umano. È una occasione per apprendere nuove conoscenze e stringere nuove relazioni. Si creano rapporti di amicizia e artistici duraturi, che arricchiscono e motivano.

 

Tutta Italia sta soffrendo l’emergenza Covid-19 ed ovviamente anche la musica live. Qual’è la vostra fotografia della situazione dal Sud Italia in merito alla musica live e alle band che vi sono vicine? È un duro colpo per la musica suonata.

 

Questa situazione è una esperienza nuova, che ha colpito tutti i settori. Come tale ha trovato impreparati un po’ tutti, e anche il settore dello spettacolo in generale ha subito un ridimensionamento. Qualsiasi forma d’arte ha bisogno di fruitori, e la musica live in particolare ha subito una restrizione molto forte, e dai clubs o dai festival ci si è spostati sulla rete. La musica continua a girare ma non è lo stesso. L’esperienza live di un concerto, sia per chi si esibisce che per chi fruisce, è unica e irripetibile, e rimane assolutamente la condizione ideale. Il momento storico è drammatico, ma è anche un’occasione creativa. Inoltre, in questo momento difficile, ora più di prima, le persone possono trovare nell’arte e nella musica anche una sorta di aiuto, di cura. La realtà musicale del Sud Italia è sempre molto fertile, con tanti progetti, mainstream e underground, che stanno facendo la loro parte in questo momento. Ci sono nuove uscite, come il nostro videoclip di “Già so”, dirette da casa, e  progetti solidali con chi è in maggiore difficoltà. Ognuno cerca di continuare a spingere.In generale lo spazio per chi suona, in particolare per chi è emergente, è da sempre ristretto, ed ora lo è ancora di più. Paradossalmente però oggi la gente ha più necessità di arte, di cultura, e potrebbe essere un momento di crescita per tutti.

 

A proposito di live show: il live show che più portate nel cuore? La vostra migliore esperienza?

 

L’ esperienza live è la parte migliore. Ma è anche il banco di prova, la parte più difficile. Ed è complicato sceglierne una in particolare. Ci sono i festival più importanti, come il Rototom, le aperture importanti come quella a Manu Chao a Napoli, le date all’estero, le date in appoggio a cause importanti fatte in centri sociali e spazi autogestiti,e anche i concerti invernali in locali serii e affollati. È impossibile trovarne una su tutte, ma per ogni situazione citata prima ognuno di noi ha una top list di live che porta nel cuore.

 

A voi i saluti finali. Ciao ragazzi!

 

Un saluto a Zion Street e a chi supporta il nostro progetto, a chi ci è accanto nella vita e a chi ci segue da lontano. Continuate ad essere fondamentali, ora più che mai. Ci rivedremo presto in giro, con nuovi live e nuovi brani, restate connessi!

 

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